MASSIMO ZAMBONI – LA MIA PATRIA ATTUALE
È uscito il 21 gennaio l’ultimo lavoro di Massimo Zamboni, pietra miliare e fondatore dei CCCP e CSI, che a nominarli adesso fa quasi impressione, passati ormai 40 anni, da quell’incontro a Berlino nel 1982 che ha dato vita a una musica nuova, una musica che adesso non c’è più.
Porta il nome “La mia patria attuale” questo album, questa fotografia che raccoglie contraddizioni e maschere, bellezza ed arroganza, solitudini analisi e voglia di collettività. Perché infondo è ciò che credo manchi più all’autore in questione, quell’unità che una volta si respirava per le strade delle nostre città.
È ancora presente in modo intenso l’influenza di quegli anni nella musica, delicata, sottile, malinconica che gira su se stessa per poi incontrare e fondersi in chitarre distorte, sporche, come quelle di una volta, ma vero è, che in questo ambiente musicale, la parola gioca il ruolo fondamentale, trova la sua esistenza, afferma la sua importanza, descrivendo ciò che è, ciò che è cambiato, ciò che ricorda del passato e non trova più nel presente. La parola, in questo album, parla dell’Italia senza sovrastrutture, parla della patria, una parola così difficile, ma anche così pesante, in senso metaforico: “Ma Patria è ciò che abbiamo, che siamo, presenza immateriale che giustifica l’essenza profonda dei popoli. Perché allora è così difficile pronunciare questa parola per la lingua italiana? A questa domanda sono dedicate le dieci canzoni dell’album.”
E il passato è presente anche sulla copertina dell’album, che raffigura un attrezzo “Noolurin Sam”, un arnese che gli allevatori mongoli usano per la pettinatura manuale del sotto-mantello delle capre. “Ogni passaggio raccoglie fibre soffici e vellutate che andranno a costituire una fibra tessile di altissimo pregio, il cachemire. Ho raccolto il pettine raffigurato nella copertina dell’album in una steppa erbosa non lontana da Harhorin, Karakorum, perduto da una famiglia nomade nel corso del trasloco. Lamiera, ferro ricurvo, niente di più se non la sapienza degli uomini che l’hanno pensato e fabbricato. Perché questo Noolurin Sam sia finito sulla copertina di un album dedicato a un Paese per lui lontanissimo e sconosciuto non è facile dirlo. In onore a quella distanza, forse, che ridimensiona le nostre pretese di essere tra i centri del mondo. Ma più in profondità mi affascina la frattura che si crea tra la sua immagine di attrezzo duro, aspro, e la morbidezza del risultato.
Forse accettare questa inconciliabilità di opposti aiuta a trovare l’occhio corretto con cui guardare al nostro Paese.”
Il suo punk è mutato in cantautorato, anzi una forma di cantautorato che nel panorama musicale attuale non trova somiglianze. Non è di certo un disco per il mercato e non è di certo un disco per intrattenere. Sono parole e musica che attivano il pensiero e la riflessione, che hanno bisogno dell’altro per poter essere ascoltate e quindi vivere, sono parole e musica che nascono dall’urgenza. Urgenza di cambiamento.
- Gli altri e il mare
- Canto degli Sciagurati
- Ora ancora
- Italia chi amò
- Il nemico
- Tira ovunque un’aria sconsolata
- Nove ore
- La mia patria attuale
- Fermamente collettivamente
- Il modo emiliano di portare il pianto
Martina Lusetti